Tecnologia – Aviazione – Cento venti chilometri a motori spenti – La storia del volo Air Transat 236

di Mario Giardini

air transat 236 Sono le 4 e 57 ore UTC (Universal Time Coordinated). Il comandante Robert Pliché, 48 anni, ed il suo copilota, Dirk DeJager, 28, stanno per attraversare il 30° meridiano longitudine ovest. Pilotare un grande jet commerciale come l’Airbus A 330 è, nella quasi totalità dei casi, assai meno avventuroso di quanto si creda.

In accordo alle procedure di volo previste a livello internazionale per gli “extended range flights”, i due piloti si accingono a un test di routine (da ripetere ogni 10° di latitudine): quanto carburante c’è a bordo, e confrontarlo con quello previsto in sede di pianificazione del volo.

I dati mostrano, come è normale che sia, un leggero scostamento da quelli teorici. Ma la differenza è irrilevante: 200 kg circa in meno. Irrilevante perché alla partenza si sono imbarcate quasi 48 tonnellate di Jet A1. E si prevede di consumarne meno di 35 per completare il volo da Toronto a Lisbona.

Un minuto prima, alle 4 e 56, il computer di bordo ha iniziato a trasferire circa 300 Kg di combustibile dai serbatoi collocati sul piano orizzontale di coda ai serbatoi alari. Il trasferimento dura due minuti in tutto.  Ed è determinato dal fatto che i calcoli mostrano una quantità di combustibile nei serbatoi alari inferiore, di pochissimo, a quella prevista dalla pianificazione. Un avviso, a fine trasferimento, dovrebbe comparire sull’ECAM (Electronic Centralized Aircraft Monitoring System). L’equipaggio riferirà di non averlo visto.

A bordo del volo Air Transat 236 ci sono 293 passeggeri e 13 membri di equipaggio. E’ il  24 agosto 2001, e l’A330 del comandante Pliché si trova in mezzo all’Atlantico, nel buio di una tranquilla notte d’estate. Equipaggio e passeggeri sono in volo da poco più di quattro ore, essendo il decollo avvenuto alle 00.52 UTC.

Pliché ha 16 800 ore di volo. E’ abilitato per un grande numero di aeroplani, compresi i vetusti e celeberrimi DC3 (primo volo 17 dicembre 1935), DC4, e DC6, il ché testimonia una gran passione per il pilotaggio. E’ in servizio da circa undici ore, ed ha volato sugli A 330 per un totale di 796 ore. Prima di questo volo ha riposato per 62 ore: oltre due giorni e mezzo. Il suo secondo è giovane, ma con 4 800 ore di esperienza, di cui 386 su A 330. L’equipaggio è certamente qualificato per il velivolo ed il tipo di volo.

Tuttavia le valutazioni che farà del problema che fra poco dovrà affrontare porterà ad un netto peggioramento dello stesso. In ciò, i piloti saranno largamente fuorviati sia dal software che Airbus Industries installa a bordo dei propri velivoli, sia dalla carenza di addestramento per il problema specifico.

Durante l’esecuzione del test i piloti rilevano un’anomalia nella lettura dei parametri relativi al motore No 2, quello di destra. Una temperatura inferiore a quella de motore di sinistra (65° invece di 110), una pressione più alta (150 psi invece di 80) e un livello totale di 14 lt invece di 17. Valori che non indicano un guasto vero e proprio, ma che impegnano comunque l’equipaggio nella ricerca delle cause. Si consultano più volte le indicazioni sui parametri di volo, selezionando varie pagine sull’ECAM. Alle 5.21, via radio HF, i piloti parlano con il Centro di Controllo della Manutenzione di Air Transat. I valori letti sono inspiegabili.

Anche i manuali dell’A 330 non riportano alcun riferimento a questo tipo di anomalia. A questo punto, l’equipaggio si convince che il problema deve avere a che fare con indicazioni fornite dal computer: devono essere per forza errate. Cioè il software sta, letteralmente, dando i numeri. Sbagliati.

Nel frattempo, i computers di bordo continuano a lavorare. Poiché i serbatoi alari continuano a mostrare una quantità di combustibile inferiore al previsto, secondo la logica con cui sono programmati, i computers decidono di trasferire tutto il combustibile che rimane nel serbatoio di coda ai serbatoi alari.

Ci vogliono 19 minuti per completare il trasferimento dei 3 200 Kg di Jet A1 rimasti. Alle 5.33 i piloti notano il messaggio di avviso sull’ECAM: trasferimento completato. E’ la prima indicazione, assai criptica, che a bordo si sta verificando un problema col carburante.

Tre minuti dopo, sull’ECAM compare un avviso di sbilanciamento di combustibile fra serbatoi di destra e di sinistra. In teoria, l’equipaggio dovrebbe richiamare sull’ECAM la pagina relativa allo sbilanciamento di carburante, prima di iniziare la procedura di travaso.

Ma non lo fa. Si affida alla memoria. E la prima reazione  è quella di travasare combustibile dall’ala sinistra a quella destra. Quella dove, sfortunatamente, si sta verificando una rapida perdita di combustibile.

La pagina non richiamata contiene una indicazione importante, che, se vista in questo preciso istante, avrebbe potuto cambiare la sequenza di azioni intrapresa dall’equipaggio: non travasare combustibile in caso di sospetta perdita. Sospetto che deve nascere se il consumo di carburante avviene a velocità anomala. Che è esattamente il caso che si sta presentanto nell’A 330 dell’Air Transat.

Comandante e co-pilota si dedicano ad analizzare la situazione.

Quel che trovano pare incredibile: a bordo, invece di circa 20 tonnellate di combustibile, ce ne sono solo undici. Nove in meno! Si fanno e rifanno i conti con frenesia. Ad un certo punto, si invia il direttore di cabina a controllare eventuali perdite. Ma nel buio della notte l’ispezione visiva ai motori e alle ali, eseguita dalla cabina passeggeri, nulla rivela. Gli altri parametri di volo, compresi quelli di afflusso carburante ai motori, sono nella norma.

Eppure, ad ogni conteggio, la quantità di carburante totale scema a ritmo incredibile: si calcoleranno, durante l’investigazione successiva, oltre 13 tonnelate / ora. La situazione diventa ad ogni minuto più tesa, e più surreale. Se non vi sono perdite, come spiegare i numeri?

L’equipaggio si convince che deve, per forza, trattarsi di un guasto ai computers di bordo. Esattamente ciò che ha pensato mezz’ora prima, quando analizzava il problema dell’olio al motore 2. Un bias mentale che, unito alla mancanza di addestramento specifico (non previsto) per fronteggiare un’avaria di questo tipo, li indurrà a diversi errori. Soprattutto quello di continuare a travasare combustibile tra i serbatoi. Fino all’esaurimento.

L’equipaggio incomincerà a rivedere questa sua convinzione solo quando la quantità a bordo di combustibile è di circa 7 tonnellate. Insufficienti già per raggiungere Lisbona.

Dalle 5 33 alle 6 26 , si apriranno continuamente le valvole che trasferiscono carburante da sinistra a destra, e viceversa. Ma prevarrà il trasferimento verso l’ala destra. Cioè verso la perdita.

Lajes AirportSono le 6.10 UTC. A questo punto, l’A 330 del Comandante Pliché deve prepararsi ad una diversione, o, nel peggiore dei casi, ad un ammaraggio. L’aeroporto più vicino è Lajes, isola di Terceira, Azzorre. Dista 175 miglia. L’equipaggio crede ancora di poter raggiungerlo,  con qualche residuo di carburante a bordo (meno di una tonnellata).

Si istruiscono i passeggeri per un atterraggio di emergenza. Il comandante contatta Lajes dichiarando il Myday. Chiede l’autorizzazione per la diversione. E chiede che le luci della pista lampeggino, per renderla più visibile.

Alle 6.13 il motore di destra si spegne. Tredici minuti dopo, alle 6 26, si spegne anche quello di sinistra.

Il carburante è esaurito.

L’A 330 del Comandante Pliché si trova alla quota di 34 500 piedi (circa 10500 m). Lajes dista ancora 65 miglia nautiche, cioè circa 120 Km. Una distanza siderale.

Con lo spegnersi dei motori, si spengono anche i generatori principali di corrente a bordo. Restano a disposizione le batterie, 30’ di durata prevista, e la RAT, una turbina mossa da un elica, usata per generare pressione idraulica e/o elettricità in situazione di emergenza. L’elica però diventa sempre meno efficiente al diminuire della velocità dell’aereo. Una diminuzione inevitabile, dato che i motori sono spenti.

I piloti commerciali si addestrano continuamente, al simulatore di volo, per affrontare situazioni di emergenza. Ciascuna compagnia aerea ha i suoi manuali di addestramento. Ma la Air Transat, come tutte le altre compagnie aeree all’epoca, non prevedeva eventi estremi quale quello della perdita totale di carburante. Mai verificatasi prima in un volo commerciale.

Pliché è solo nel buio della notte. Stringe i comandi di un aereo con i motori spenti. Non ha ricevuto alcun addestramento previo atto a confrontarsi con la situazione attuale. La sua vita, e quella di 305 altri esseri umani, dipende dalla sua abilità. Ma soprattutto dalla sua calma.

Deve far planare l’aeroplano per più di 100 km. Arrivare in testata pista né troppo alto, né troppo basso.

Deve anche arrivare un po’ veloce, ma non troppo. Un pelino di velocità in più serve nel caso si sia “corti”, cioè bassi: con un po’ di velocità, si può alzare leggermente il muso senza stallare, riguadagnando la quota che serve per arrivare in pista.

Ma non si può essere troppo veloci. Troppo veloci significa rimbalzare sulla pista: in atterraggio, al contatto del carrello col terreno, il muso si alza. Aumenta l’incidenza aerodinamica delle ali.  E se la velocità è eccessiva, l’aereo ridecolla: cioè, “rimbalza”. Se poi sei davvero troppo veloce, la pista non basta e non puoi frenare l’aereo. Continui a cangurare fino ad uscire di pista. E, infine, in questa circostanza, a motori spenti, non puoi applicare il reverse, e devi fermare l’aereo con i soli freni idraulici posti sulle ruote.

Un one-shot game dove la posta è la vita di 306 esseri umani.

Lajes ha una pista di 3000 metri. Che sono spaventosamente pochi in una circostanza come questa.

Ore 6 31 UTC. Pliché contatta Lajes Approach Control. Assistito dal vettoramento radar, ma con la sola disponibilità del VOR DME causa situazione di emergenza energia a bordo, è in vista dell’aeroporto. Autorizzato all’atterraggio sulla 33, vi dirige con prua di circa 270°. E’ a 13 000 piedi di altezza e a circa 8 km dalla testata pista.

Troppo alto. Calmo ed efficiente, comunica che farà un 360°, cioè un giro completo. Scopo: vuol perdere quota. Ne approfitta per stendere gli slats, e far uscire il carrello. Poi dirige di nuovo sulla testata 33.

Mentre si avvicina, si accorge di essere ancora troppo alto. Molto bene, anzi, benissimo: il guaio sarebbe essere troppo bassi. Sugli aerei piccoli, in questa situazione, si fa quello che si chiama scivolata d’ala. Sui grandi in genere i piloti non sono addestrati: infatti, Pliché fa un percorso ad S. Perde quota, come deve, ma non velocità.

Ore 6 45 UTC.  L’A 330 è sulla testata 33. La quota è perfetta: infatti, il carrello entra in contatto col cemento della pista ad appena 300 m dall’inizio. Ma la velocità è alta, veramente alta: circa 200 nodi, cioè quasi trecento settanta chilometri orari. Circa 100 km in più del normale.

Transat 306 carrelloL’aereo rimbalza. Pliché se lo aspetta, e lo lascia andare. Con dolcezza, ma deciso, rimette il muso giù. Il secondo touch down avviene circa 600 metri più avanti. Fa quello che i gergo i piloti definiscono “sbattere l’aereo sulla pista”. Le ruote di sinistra scoppiano, ma Pliché tiene il suo Airbus dritto, mentre applica il massimo della frenata: deve evitare di rimbalzare ancora.

L’A 330 si ferma a circa 600 m dalla fine della pista. Un’atterraggio che il report ufficiale qualifica di “remarkable”. Io, da pilota, dico: strepitoso.

A bordo sono tutti sani e senza un graffio. Si potrebbe concludere il racconto con una vecchia battuta:

“Danni al mezzo: modesti. Danni alle persone: nessuno. Danni alla biancheria intima: irrimediabili”.

Ma per dovere di cronaca bisogna riportare che l’evacuazione di emergenza ordinata da Pliché avviene piuttosto caoticamente, complice anche un portello di coda dell’Airbus che non si apre completamente. Nella confusione, fra gente frastornata, incredula di essere a terra, c’è anche chi pretende di portarsi dietro il bagaglio a mano. O chi lotta ferocemente per arrivare primo alle uscite di emergenza.

Risultato: si conteranno 16 feriti lievi. E due piuttosto gravi.

Tubo transat 306PS La causa della perdita di carburante va ricercata nella rottura di un tubo che, montato male e forzato durante il montaggio, si troverà a contatto, durante il volto, con un altro tubo che porta al motore di destra l’olio idraulico. Lo sfregamento fra i due tubi porterà a una rottura lunga 7 – 8 cm e dello spessore di circa 2 mm. Tanto basterà per perdere 20 tonnellate di carburante nel giro di un’ora e mezza.

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