Un mestiere difficile e molto rischioso: pilotare un Canadair

di Mario Giardini

incendio-boschivo-canadair-generica-114953.660x368Quando gli vai vicino, ti accorgi che è veramente un aereo brutto. Sporgenze, asperità, angoli, rivetti a profusione, vernice dello scafo scrostata dai mille ammaraggi, dadi e viti che sporgono allegramente qua e là.

E l’ala, alta, che non mi piace per niente. E poi quelle gondole del turbo-prop: sembrano uscite da linee di produzioni angolane. Il cockpit ricorda, in peggio ed è tutto dire, quello del leggendario Catalina.

Chi sarebbe questo mostro? E’ il Bombardier Amphibious 415, noto da noi con il nome di Canadair. Vecchio nome, in quanto la Canadair Aircraft non esiste più da vent’anni. Fu incorporata dalla Bombardier nel 1991, se non vado errato.

Il vecchio modello, il CL 215, era stato concepito nel lontano 1960, in Canada, per combattere il fuoco cui andavano soggette le sterminate foreste di quel Paese.

Unico aeroplano al mondo che sia stato progettato espressamente per volare sugli incendi e combatterli.

E’ una macchina che pesa a vuoto 12880 Kg, capace di imbarcare un totale di circa 6200 litri di acqua e ritardanti. Ma lo fa in una maniera molto speciale: ammarando su uno specchio d’acqua e, senza fermarsi, dopo avere riempito i serbatoi, ridecollando sullo slancio.

Credo che alla maggior parte delle persone sfugga la pericolosità di questa manovra. L’aereo si predispone all’ammaraggio. Ciò significa ali livellate, perfettamente livellate.

Bisogna scegliere accuratamente la traiettoria rispetto alle onde. Perché basta un’onda di mezzo metro, presa male, per rovesciarsi, essendo questa una manovra che si fa ad una velocità di circa 90 nodi (166 e rotti km/h).

Nel momento in cui lo scafo tocca l’acqua, il pilota apre una serie di paratie poste nella fusoliera.

Risultato: in 7-10 secondi si imbarcano oltre 5000 litri d’acqua, l’aereo si appesantisce di 5 tonnellate, il pilota ridà tutto motore e ridecolla, diretto all’incendio. Arrivato sull’aerea d’intervento, riduce la velocità a circa 105 nodi, plana sul fuoco, e sgancia il carico.

Semplice? Col cavolo. La velocità di stallo del Canadair, full flap, è di 68 nodi. L’aria sopra un incendio è calda, turbolenta, quasi sempre piena di fumo. A causa della ridotta densità dell’aria, la portanza dell’aereo, cioè la forza che lo mantiene in volo, può ridursi drasticamente. In alcuni casi, 105 nodi non bastano, e l’aereo stalla. Siccome si è vicini al terreno, capita che non ci sia la quota necessaria per rimediare allo stallo. Se s’innesca una vite, è anche peggio.

Accade? Sì, purtroppo. E’ accaduto in Abruzzo  anni fa. Bilancio: due morti.

Pilotare un Canadair antincendio è un mestiere difficile, pericoloso, e, mi risulta, sottopagato. Per chi abita a Roma non è infrequente vederli sul lago di Albano. D’inverno, per il training. D’estate, per imbarcare acqua. Albano è un lago sulla bocca di un vulcano (spento, si spera) dal diametro di circa 3 Km.

Tutto intorno, pareti rocciose circondano il lago, alte da 90 a 120 m sulla superficie dell’acqua. Per rendersi conto: immaginate di decollare dalla pista 25 di Fiumicino e di vedere, prima della fine della pista, un edificio di 40 piani.

Il Canadair di solito arriva lasciando a destra Castelgandolfo, si tuffa verso l’acqua, viene tirato in su, “galleggia” cioè sfrutta l’effetto suolo per tre-quattrocento metri, tocca la superficie, imbarca 5 tonnellate d’acqua in pochi secondi.

Quando ridà potenza i motori sembra che l’intera struttura stia andando in pezzi, e poi, siccome non ce la farebbe a superare l’ostacolo costituito dalla parete della montagna, vira e sale. Lentissimamente. Forse un 200 piedi al minuto, cioè un niente.

In questa lunghissima virata a salire basta poco per ammazzarsi. L’aereo ha un alto angolo di incidenza e vola a bassa velocità, quindi è vicinissimo allo stallo; è al peso massimo, con i motori al massimo, per giunta a bassa quota, con un ostacolo di fronte e di lato, ed impossibilitato ad invertire la rotta causa peso e bassa velocità.

Un calo di potenza o un aumento sia pur modesto dell’angolo d’incidenza e… fine.

Insomma, ci vuole un par di palle grandi come il Pao de Azucar per fare, come fanno questi piloti, decine di missioni al giorno.

E tutto questo coraggio, questa abilità, questo sangue freddo, queste macchine brutte ma al tempo stesso bellissime, per che cosa vengono impiegate? Per spegnere, 97 volte su cento (in Italia), incendi appiccati da piromani…

Che io legherei, se presi sul fatto, all’albero più prossimo alle fiamme; e poi aspetterei mezz’ora prima di richiedere l’intervento di un Canadair… così, tanto per dare un piccolo esempio…

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