Motori primi, energia e globalizzazione – Parte 12 – Il Flyer, i fratelli Wright, il motore alternativo per aviazione

 

di Mario Giardini 

 

Fratelli Wright“The Wright engine was a bit crude, even by the standards of the day”. Crude è una parola che si può tradurre con rozzo, primitivo, grezzo. La frase è tratta dal sito dello Smithsonian Air and Space Museum, ed è riferita al motore del Flyer, l’aereo costruito dai fratelli Wright.

Il primo volo dell’aviazione motorizzata fu compiuto il 17 dicembre 1903. Il motore a benzina era stato progettato in casa dei fratelli Wright. Che, di professione, costruivano e vendevano biciclette. Era un quattro cilindri, quattro tempi, raffreddato ad acqua. Ma privo di radiatore, carburatore, pompa della benzina, di candele e di acceleratore. Erogava in tutto 12 HP, circa 9 kW.

L’unica vera novità era il monoblocco in alluminio, un’autentica innovazione. Fuso e lavorato dalla Buckeye Iron and Brass Works, che si riforniva di materia prima in quella che poi sarebbe diventata (1907) Alcoa. Ma, per il resto, era un motore che definire “primitivo” è perfino eufemistico.

Eppure … it worked. Funzionò. Quel giorno dal cielo coperto, freddo e ventoso (27 miglia orarie) i fratelli decollarono ed atterrarono sei volte. Il volo più lungo fu di 852 ft, poco più di 255 m, e durò in tutto 59 secondi. La velocità media fu intorno ai 16 km/h.

L’aereo pesava 342 Kg, pilota compreso. Aveva un’apertura alare di 12,3 m e una lunghezza pari a 6,4 m. L’unico strumento di volo vero e proprio era una cordicella di lana annodata all’estremità di un tubicino rigido piantato sul dorso dell’ala: permetteva di valutare, ad occhio, l’incidenza aerodinamica. Cosa indispensabile per evitare lo stallo e quindi la caduta sperimentata tre giorni prima durante un altro tentativo.

Il peso del motore è un dato piuttosto incerto. Probabilmente, stava intorno ai 65 – 80 Kg. Il che vuol dire un rapporto peso/potenza pari a 7 – 9 gr/W.


Il motore del Flyer – 1903 motore flyer

Il 30 maggio 1927 decollava da New York il Ryan M-2. Ai comandi un pilota sconosciuto al mondo intero: Charles Lindbergh. L’aereo, marche N-X-21 1, montava un motore radiale Wright (azienda nata nel 1919 per costruire motori su licenza Hispano Suiza) modello Whirlwind J-5C, 12.910 cc di cilindrata. Un radiale di nove cilindri a quattro tempi, raffreddato ad acqua. Potenza totale di 223 HP, cioè circa 173 kW. Trenta tre ore e circa 5.000 km dopo, Lindbergh atterrava a Le Bourget, Parigi, dove lo attendevano oltre 100 000 spettatori entusiasti.

L’aereo di Lindbergh non era il più grande dell’epoca: volavano già bimotori e trimotori. Per esempio, il Caproni CA 30 aveva volato già nel l’ottobre del 1914. Ma il raggio operativo di tutti i velivoli dell’epoca era piuttosto breve.

Lindbergh provò, col suo volo in solitario sullo Spirit of Saint Louis, la fattibilità dei voli intercontinentali. Erano passati appena 24 anni da quel freddo dicembre 1903. E poco meno da quando Orville Wright aveva con certezza predetto che “nessun aereo potrà mai volare (senza scalo ndr) da New York a Parigi”.

Il motore dello Spirit, a vuoto, cioè senza liquidi, pesava 236 kg. Il rapporto peso potenza, dunque, era sceso a 1,36 gr/W. Un miglioramento dell’ordine del 400%.

motore lindbergh
Il Wright J5-C Whilrwind

Nel 1937 venne provato al banco quello che poi si rivelerà uno dei più potenti motori d’aviazione mai prodotti, il Wright 3350, detto “Cyclone”.

Era un motore stellare a 18 cilindri, per una cilindrata totale pari a a circa 55.000 cc. Nella sua forma più evoluta e potente forniva oltre 3500 HP (oltre 2.600 kW). Era imponente: lungo circa due metri, diametro 1,42 m e peso che superava i 1500 Kg.

Per evitare che all’aumentare della quota la potenza diminuisse eccessivamente, era dotato di due compressori. Per renderlo più leggero, il raffreddamento era ad aria.

Negli anni seguenti si affermò anche il Pratt & Whitney R-4360 Wasp Major, 28 cilindri per un totale di oltre 71000 cc, di potenza simile, pesante circa 1800 kg.   Il Wasp finì per rivelarsi più affidabile, e fu spesso l’alternativa scelta, specie per i velivoli militari, al Cyclone.

La lista degli aerei che furono equipaggiati col Cyclone e col R-4360 è molto lunga. A cominciare dal Boeing B-29 Superfortress (Cyclone), l’aereo che sganciò le atomiche su Hiroshima e Nagasaki il 6 e 9 agosto 1945.

Seguirono il cargo militare Boeing C-97, il Lockheed Super Constellation e il Douglas DC-7C, a metà degli anni ‘50. Questi ultimi due erano aerei passeggeri, nati vecchi, perché gli ultimi ad essere propulsi con motori alternativi.

Il DC-7C aveva una capacità di 105 passeggeri, era equipaggiato con 4 motori Cyclone, pesava oltre 64 tonnellate e aveva una velocità di crociera di circa 580 km/h. Entrò in servizio nel 1955, e fu acquistato anche dall’Alitalia.

motori radiali

Ma, come si diceva, era nato vecchio. L’età dei Jets commerciali era già incominciata. Il 2 maggio del 1952 il primo DeHavilland Comet era entrato in servizio per la British Overseas Airways Corporation. Aveva avuto i suoi guai, come accade ogni volta che si introduce una tecnologia rivoluzionaria. Ma non si sarebbe tornati più indietro.

L’era dei grandi motori alternativi per l’aviazione era finita. Cominciata col motore dei Wright, e da un rapporto peso/potenza intorno ai 7-9 gr/W, finiva con un rapporto peso/potenza pari a circa 0,5 gr/W. Un miglioramento di 10 – 14 volte, ottenuto in meno di cinquant’anni.

Un progresso Impressionante. Ma non abbastanza. Si voleva volare più alti, più lontano, più veloci e con un numero di passeggeri maggiore.

Fu necessario dunque studiare e sviluppare un nuovo motore, autenticamente rivoluzionario. L’unico nuovo prime mover introdotto su larga scala nel corso del XX secolo: il turbogetto (ed il suo discendente naturale, il turbofan).

Gli innovatori che portarono a compimento la rivoluzione furono essenzialmente due. Un tedesco, Hans Joachim Pabst von Ohain, che fu il primo a costruire un motore a getto specificamente concepito per l’aviazione. Ed un inglese, quello che, ufficiale della RAF, sarebbe in seguito diventato Sir Frank Whittle.

Il lavoro del primo si concretizzò nella costruzione del primo aereo a reazione, lo Heinkel He 178, che volò per la prima volta il 27 agosto 1939, quattro giorni prima dell’invasione della Polonia e dello scoppio della seconda guerra mondiale. Un momento decisamente assai poco propizio per l’accoglimento di una innovazione tecnica autenticamente rivoluzionaria.

Il lavoro di Whittle portò alla realizzazione del Gloster E.28/39, che avrebbe fatto il suo primo volo nel maggio del 1941. La guerra era ormai in corso da quasi due anni. Hitler, che dominava incontrastato sull’Europa continentale, si apprestava a invadere l’Unione Sovietica, dove la sua Wehrmacht sarebbe andata incontro al medesimo destino della Grande Armée napoleonica.

Segue

 

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