Fukushima 2 – Un destino terribilmente avverso

 

 

Fukushima 2Uno tsunami in genere è composto di ondate successive. E non sempre la prima è la più alta, cioè quella più distruttiva. Più è profondo il punto in cui ha origine, maggiore l’energia che lo innesca, e maggiore diventa la velocità delle onde che provoca, e che si propagano in tutte le direzioni. Si sono misurate, da satellite, velocità superiori agli 800 km orari.

Via via che la profondità del mare diminuisce, all’approssimarsi cioè dello tsunami alle coste, si manifestano diversi fenomeni. La velocità di traslazione si riduce (al momento di impatto con la costa è comunque sempre di qualche decina di km all’ora); in profondità si originano onde riflesse; parte dell’energia cinetica viene dissipata in moti turbolenti che si generano sul fondale marino in ragione della sua morfologia.

In superficie, a causa dell’incomprimibilità dell’acqua, l’energia cinetica posseduta dalla massa d’acqua in rallentamento provoca l’aumento dell’altezza delle onde.

Si manifesta cioè il cosiddetto shoaling, un effetto di amplificazione dell’altezza delle onde, per un fattore che può variare da 2 a 10. Tale variabilità in parte dipende anche dal fenomeno dell’interferenza. Le ondate in arrivo tendono a sovrapporsi, perché le prime rallentano e vengono “raggiunte” da quelle che seguono; e a combinarsi con quelle riflesse.

Può capitare che alcune delle onde siano in parziale opposizione di fase: ciò significa che l’onda risultante è più bassa della somma delle altezze componenti. Ma se le fasi concordano, allora si ha un rafforzamento complessivo. In parole più semplici e supponendo di avere interferenza fra due onde sole, di 5 metri l’una, nel caso di opposizione totale di fase esse si annullano completamente. Ne risulta una superficie del mare piatta. Ma se sono in fase, allora l’onda risultante misura 10 m di altezza.

C’è poi un fenomeno detto di run – up, cioè di arrampicata. All’impatto con la costa, l’ondata prosegue, e se il terreno sale, l’onda si propaga in salita, fino a quando esaurisce la sua energia cinetica. Il run up è l’altezza massima che l’onda raggiunge sulla terraferma.

Nella zona interessata dal terremoto/tsunami, sulla costa sono state costruite due centrali nucleari: Fukushima Daiichi e Fukushima Daini.

Quest’ultima è posta a sud della prima, e ne dista circa 11 km. Entrambe però sono pressoché alla medesima distanza dall’ipocentro del terremoto: circa 180 km. La centrale di Fukushima Daiichi ha sei reattori, entrati in servizio fra il 1971 ed il 1979. Quella de Daini, 4, più recenti, messi in servizio fra il 1982 ed il 1987.

La tecnologia è la stessa, tutti i reattori sono del tipo BWR (Boiling Water Reactor). Gli edifici più importanti di Daiichi e Daini, per i reattori da 1 a 4, sono (secondo le norme di sicurezza)

costruiti sulla roccia, ad almeno 10 m sul livello del mare. Il 5 ed il 6, a Daiichi, ad almeno 13 metri.

Quel giorno di tragedia il destino si accanì in modo speciale contro la centrale di Fukushima Daiichi. Studi e modellistica al computer successivi mostrano che il fattore di shoaling, a 150 m di profondità (cioè a qualche chilometro dalla costa), per entrambi i siti era pressoché lo stesso: intorno a 2,1 – 2,3.

Ma l’interferenza giocò un ruolo decisivo. Al largo di Daiichi si generarono onde alte circa 7 metri. Di fronte a Daini, invece, erano al di sotto dei 5m.

Quindi per Daiichi le onde riflesse della prima ondata e quelle in arrivo della seconda, che poi l’avrebbero investita, si composero per lo più in fase. Ne risultò un onda che investì il porto prospiciente la centrale, e la centrale stessa, secondo foto e calcoli, con un’altezza massima di circa 13,1 metri. L’altra centrale ebbe maggiore sorte: la seconda ondata aveva un’altezza di picco di 9 metri.

Questa differenza salvò Daini, e condannò Daiichi.

Il fenomeno di concordanza di fase è definito con due parole che a ripeterle oggi suonano come un tragico sberleffo: interferenza costruttiva.

La prima ondata, di qualche metro, non fece danni a Daiichi. Ma la seconda innescò una catena di eventi che portò alla distruzione quasi totale di 4 dei 6 reattori.

Il fenomeno di run up è, come detto, conseguenza dell’energia cinetica dell’onda. Più veloce è, più energia cinetica ha l’onda (aumenta col quadrato della velocità), e più sale sull’ostacolo, in questo caso la costa e gli edifici. Naturalmente l’onda non è un fronte perfettamente omogeneo e della stessa altezza. E non incontra gli stessi ostacoli lungo il suo cammino.

Nell’area dei reattori da 1 a 4 le punte massime di inondazione furono calcolate fra 11,5 e 14,5 metri. In quella dei reattori 5 e 6, si ebbero fra i 13,5 ed i 14,5 metri sul livello del mare. Ben al di sopra della peggior condizione stimata all’epoca del progetto (3,1 m) e della successiva revisione (fra 5,4 e 6,1 m).

Ciò significa che l’edificio del reattore e quello della turbina furono sommersi in ogni caso da una inondazione di altezza compresa fra 1,5 e 4,5 m. Sufficienti a causare danni che portarono alla successiva perdita di controllo, con conseguente distruzione e fusione parziale dei nuclei dei reattori 1, 2 e 3

Lo tsunami penetrò per circa 5 km sulla terraferma, spazzando via tutto. In un punto, il run up raggiunse i 23 metri. Una catastrofe naturale senza precedenti.

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